Seguici!




Okawango Botswana

Agosto 2014

Sveglia presto – la prima di una lunga serie. Colazione al campo, poi rapidamente si smontano le tende, si carica il Defender e si parte per un lungo trasferimento verso Savuti – ma non vi preoccupate, in Africa non ci si annoia mai!

Incontriamo infatti elefanti e giraffe, oltre ad un gruppo di locali con una jeep completamente insabbiata (e a quel punto che si fa?! si scende, si socializza e si spinge!). Arriviamo al campo di Savuti, bellissimo in un boschetto in riva ad una pozza dove la notte gli animali scendono per abbeverarsi, intorno alle 15. Smontiamo il Defender e montiamo il campo….ma Nelson si accorge che qualcosa di gravissimo (a suo parere) è accaduto durante il trasferimento: abbiamo perso il “cesso”!!! Sì, proprio lui, un grande secchio bucato che nessuno utilizzerà mai e che tutti chiameranno impietosamente “il cesso” per via del suo supposto scopo, un elemento di vitale importanza per la riuscita di un buon safari, dato che Nelson non ne vuole sapere di partire per il safari pomeridiano come da programma, ma preferisce imbarcarsi in una avventurosa ricerca del disperso (chissà dove, visto che abbiamo percorso circa 200 km su piste sconnesse). E così il gruppo rimane al camp di Savuti, e per ingannare il tempo ci consoliamo con un thè pomeridiano, accompagnato da biscottini very british, sulla riva della pozza. Passano tre ore, alcuni del gruppo già pensano di passare i prossimi 8 giorni nello stesso luogo e che “in fondo non si sta poi così male”; altri cominciano ad aggirarsi dando i primi segni di cedimento e chiedendosi se passerà mai qualcun altro da quel luogo sperduto, che ci possa portare in salvo. Allo scoccare della terza ora, sentiamo un lontano ruggito: non è un leone, bensì il Defender che torna indietro, portandosi Nelson…ma del “cesso” nessuna traccia! Poco male – penso io – lo abbiamo perso, e invece non solo non l’avremo perso a lungo, ma ci giocherà anche uno scherzetto da niente… Partiamo finalmente per il safari, anche se ormai di tempo prima del tramonto ne rimane poco…..ed ecco che, dopo una mezzora in cui vediamo qualche giraffa e qualche impala, il Defender ritiene, in un attacco di gelosia visto che tutte le nostre attenzioni erano state rivolte al “cesso”, di dover eiettare un ammortizzatore. Scendo con Nelson (in mezzo alla savana), raccogliamo il pezzo e decido che, tutto sommato, dell’ammortizzatore poco ci importa: il safari può proseguire. Nemmeno il tempo di accendere il motore, premere sull’acceleratore, che un rumore forte di ferraglia ci fa capire che l’avventura è solo all’inizio (anzi, probabilmente, non è ancora iniziata). L’albero di trasmissione è spezzato. Tutti osserviamo un minuto di silenzio, dopodiché mi infilo sotto il Defender con Nelson e capiamo che la situazione non è risolvibile, ci vuole un albero di trasmissione di ricambio. Siamo in mezzo alla savana, da soli, con un tramonto che, seppur bellissimo, è comunque segno che tra qualche minuto sarà buio, con il Defender fuori uso, a 9 ore di strada dal meccanico più vicino…ma niente paura: anche se i cellulari sono isolati, abbiamo un satellitare! E fu così che scoprimmo che il satellitare in dotazione a Nelson non funzionava, e non avrebbe mai funzionato nemmeno in futuro… Altro minuto di silenzio, al termine del quale una compagna di viaggio scoppia in un pianto a dirotto, aiutandomi senz’altro a tranquillizzare il gruppo! Negli istanti successivi ho preso la decisione di smontare completamente l’albero di trasmissione e provare a tornare al campo. In un’ora, tra un sobbalzo e l’altro, torniamo alle tende e faccio scendere tutti: io e Nelson andremo a cercare un telefono agli uffici del parco, mentre il resto del gruppo accenderà il fuoco e non si allontanerà per nessun motivo. Vagare al buio in Africa, in un parco nazionale, su piste a dir poco sconnesse, senza albero di trasmissione né ammortizzatore, è un’esperienza interessante: anche perché andavamo alla ricerca di un telefono, che avremmo dovuto trovare presso dei fantomatici uffici del parco, dislocati chissà in quale angolo di savana. Non può andare tutto storto…e così arriviamo agli uffici, convinciamo il guardiano ad aprirci e a farci usare il telefono (e non è stato facile), chiamiamo un meccanico di Maun: partendo subito, sarebbe arrivato alle 7 di mattina del giorno dopo con il pezzo di ricambio – perfetto! Ed ecco il colpo di teatro…alla fine della telefonata, il guardiano ci dice di seguirlo…ci accompagna fuori, dietro gli uffici, verso un magazzino, apre la porta ed eccolo lì, davanti ai miei occhi allibiti…il “cesso”! Torniamo al camp doppiamente vincitori – abbiamo un meccanico che verrà a salvarci e, non da meno, abbiamo il “cesso”. Durante la notte, che scorre tranquilla nelle tende, sentiamo dei ruggiti lontani, a ricordarci che siamo in Africa e che non si può e non si deve scherzare con la Natura in quei luoghi. L’alba di un nuovo giorno. A colazione, ci salutiamo compiaciuti per essere sopravvissuti stoicamente alla sorte avversa del giorno precedente: alcuni di noi (che ingenui) pensano di aver avuto talmente tante disgrazie in un solo giorno da considerarsi a posto per il resto della vacanza. E così aspettiamo fiduciosi l’arrivo del meccanico con l’albero di trasmissione, come un nuovo Messia: facendo un rapido conto, il nostro salvatore dovrebbe arrivare alle 7, ma si fanno le 7:30 (“vabbè Marco, diamogli un po’ di tempo, siamo in Africa” dice uno), poi le 8:00 (“Marco ma non doveva essere già arrivato?” dice un’altra), poi le 8:30 (“Oddio Marco, secondo me gli è successo qualcosa…” dice un’altra ancora). Alle 9:00, senza alcuna pressione da parte del gruppo, decido di partire con Nelson e il Defender ancora fuori uso alla ricerca del meccanico…ma dove cercarlo in una savana sconfinata e senza punti di riferimento? Dopo aver vagato una mezzoretta incontriamo un altro Defender, decisamente più in forma del nostro, che ci comunica che ha visto passare un mezzo una decina di minuti prima, in direzione Nord. Ci mettiamo appostati in un punto da cui sicuramente, secondo Nelson, il meccanico sarebbe passato prima o poi: trascorrono 10 minuti in cui quel “prima o poi” mi rimbomba interminabilmente nella testa, ma alla fine intravvediamo una sagoma all’orizzonte. Recuperiamo il meccanico, che ci confessa di essersi perso, e lo portiamo al camp: il popolo lo accoglie da eroe. In meno di un’ora, l’albero di trasmissione è sostituito…possiamo finalmente partire sgommando per il nostro primo vero safari! Siamo felici quando avvistiamo due leopardi, una madre con un cucciolo, e il sorriso rimane anche quando sentiamo un “boing” secco provenire da sotto il Defender, tant’è che scendo, mi accorgo che abbiamo depositato la coppa del differenziale sulla pista, qualche metro prima; lo comunico agli altri… Tutti scoppiano in una risata, ma sento che non si tratta di una risata isterica. Capisco che si sta formando un gruppo speciale, affiatato e pronto a tutto. Un gruppo non di partecipanti, non di viaggiatori, non di compagni di avventura, ma di amici.

Informati qui